Ancora oggi molte persone non si sono mai fermate a riflettere sull’importanza della salute mentale. Certamente, il pregiudizio associato alla malattia psichiatrica non aiuta. In moltissimi casi certi stati di sofferenza interiore vengono sottovalutati, scambiati per tratti del carattere quando invece essi costituiscono una sintomatologia, per la quale rivolgersi a un medico è indubbiamente consigliato. Recarsi dal cardiologo in caso di un’aritmia è considerato un atto sensato e responsabile. Al contrario, invece, l’angoscia, la disperazione, l’ansia sono considerati come aspetti esistenziali, non come possibili manifestazioni di un disturbo fisico.
Purtroppo, questo stato di cose porta con sé delle conseguenze infauste: i disturbi, non riconosciuti e non trattati, vanno incontro ad un processo di cronicizzazione. Quando infine si arriva all’attenzione clinica il quadro risulta ormai avanzato, e di conseguenza la possibilità di risposta al trattamento diminuiscono. Come per le altre branche della medicina, anche in psichiatria, prevenzione e diagnosi precoce sono due aspetti fondamentali. In questo momento, a seguito del picco dell’emergenza pandemica, l’attenzione dei media si è focalizzata sull’allerta circa i sintomi somatici: ci si preoccuperà (giustamente) in caso di comparsa di sintomi respiratori, di qualche linea di febbre, oppure, ancora, la preoccupazione sarà incentrata sulle conseguenze per l’organismo dello scarso movimento fisico. A dispetto degli alti livelli di stress che il lockdown ha causato, la salute mentale sembra anche in questa occasione cadere in secondo piano. Eppure, dall’inizio della pandemia, moltissime persone stanno esperendo un incremento dei sintomi d’ansia, e non solo.
Per molti, l’avvento della fase 2 non è stato accompagnato da entusiasmo e voglia di ripartire, ma da sentimenti di sconforto e sfiducia verso se stessi e verso il mondo, perdita di interessi, talora anche estremo timore di uscire di casa, perdita delle prospettive future, disturbi del sonno. Sono tutti segnali del fatto che anche il nostro sistema nervoso centrale è stato duramente colpito dagli eventi recenti, e manifesta uno stato di sofferenza.
Esattamente come avviene per il cuore, lo stomaco o i polmoni, uno stato di sofferenza del cervello, se non trattato, può portare a una progressione di malattia, fino alla perdita di funzione. Negli ultimi mesi, ci siamo dovuti confrontare con un evento senza precedenti. Abbiamo affrontato l’emergere improvviso di un pericolo che ha comportato, e tuttora comporta, una seria minaccia per la nostra salute e per quella dei nostri cari. Alcuni hanno vissuto il pericolo in prima persona, contraendo la malattia o assistendo nella malattia una persona amata. Oppure si sono trovati in prima linea, come nel caso di medici e infermieri, chiamati ad affrontare ritmi di lavoro disumani, svolgendo i propri compiti spesso senza le adeguate protezioni e assistendo alla morte di molte persone senza poter fare nulla.
Ma anche per coloro che hanno vissuto questi giorni senza ammalarsi, in una situazione protetta, l’angosciante stillicidio di un’ attesa, associata al senso di incertezza e impotenza in una situazione certamente inquietante, può aver compromesso la salute psichica.
A questo va ad aggiungersi il modo indiretto in cui il virus ha influenzato le nostre vite. Con l’emergenza, molti di noi hanno subito gravi perdite economiche. Altri si sono trovati a confrontarsi con dinamiche relazionali critiche, complice tanto il distanziamento che la vicinanza forzata.
Purtroppo, non è possibile cancellare questi eventi con un colpo di spugna. Per queste persone, anche quando l’esposizione non è stata tra le più alte e non ci sono state conseguenze per l’integrità biologica, il segno lasciato sulla psiche sarà indelebile.
Le reazioni di ognuno di noi verso questa frattura saranno, però, diverse. Da una parte abbiamo l’esempio estremo degli agiti anticonservativi o autolesivi, moltiplicatisi negli ultimi mesi: in particolare, ma non soltanto, nelle persone maggiormente esposte alle conseguenze del trauma. Ci saranno poi coloro che, grazie a una elevata capacità di resilienza, non andranno incontro allo sviluppo di un quadro psicopatologico conclamato. Ma per molti lo stravolgimento di vita, le esperienze traumatiche dovute alla pandemia, porteranno a slatentizzare dei sintomi di interesse clinico. Lo sviluppo di malattie psichiche dopo simili eventi è un rischio concreto, che vede coinvolti tanto la vulnerabilità individuale che la gravità dell’evento ambientale.
Le esperienze traumatiche non solo possono portare allo sviluppo, in soggetti più vulnerabili, di un vero e proprio disturbo trauma e stress correlato, ma possono anche slatentizzare sintomi d’ansia e di disturbi dell’umore, scatenando recrudescenze in pazienti che già ne soffrivano o precipitando l’insorgenza di un disturbo conclamato in coloro che fino a quel momento, magari, non avevano mai avuto sintomi di intensità clinica. Per questo è importante e consigliato, in questo momento, focalizzare la nostra attenzione sulla salute psichica, non ignorare gli stati di sofferenza interiore.
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