Cosa succede durante un attacco di panico? Quali conseguenze porta con sé? Come si può intervenire?
Gli attacchi di panico sono reazioni ansiose intense e improvvise che si manifestano sul corpo con sintomi tipici. La reazione può non essere direttamente connessa con quello che accade in quel momento e scatenare intense paure di impazzire, perdere il controllo, svenire o morire.
Alle prime manifestazioni, quando non si conoscono i sintomi e l’intensità che possono raggiungere, tipicamente si pensa che stia sopraggiungendo un infarto. Altre manifestazioni più caratterizzate da iperventilazione, fiato corto, intorpidimento agli arti, giramenti di testa e sensazioni di svenimento fanno pensare anche ad altri malesseri non ben spiegabili.
Il primo attacco di panico si scatena in conseguenza di stress o tensioni, ripetuti e accumulati nel tempo, tipicamente stress psicologici con forte pressione emotiva, dopo un lutto o un evento traumatico. Tuttavia anche gli stress fisici possono essere cause insospettabili degli attacchi di panico, ad esempio aver affrontato una malattia o un infortunio, una dieta ipocalorica condotta in fretta per raggiungere il peso desiderato, la mancanza di sonno, stress quotidiano, utilizzo di sostanze psicoattive.
Perché l’attacco di panico ha dei sintomi fisici tipici?
L’attivazione corporea del panico è una risposta di attacco-fuga, una risposta antica non pensata, quella utile ai nostri antenati per scappare dai tanti pericoli e che ancora oggi serve per reagire velocemente ad una minaccia. Questa reazione diventa però controproducente quando si attiva troppo facilmente di fronte a stimoli che non costituiscono un pericolo di vita dai quali non è necessario fuggire o attaccare per sopravvivere.
Tutto il corpo si sta preparando alla fuga e questo spiega i sintomi. Il respiro diventa affannoso, e il ritmo cardiaco accelera per far arrivare più ossigeno ai polmoni e ai muscoli. Il sudore indica che il corpo si sta surriscaldando.
I muscoli si contraggono per prepararsi alla fuga e tremano per lo sforzo. Alle estremità e al volto arriveranno meno sangue e ossigeno, con formicolii e pallore in volto.
La digestione si ferma perché il corpo è preparato a fuggire e non più nella digestione, la bocca diventa secca e arriva la sensazione di nausea o di “nodo allo stomaco”. La sensazione di affanno o fiato corto può variare per intensità, chi la sperimenta in modo accentuato percepisce i sintomi degli attacchi in modo peggiore. L’iperventilazione è la cosiddetta “fame d’aria”, i respiri diventano troppo profondi e frequenti, entra troppo ossigeno ed esce troppo poca anidride carbonica, per questo meno sangue e ossigeno arrivano al cervello con sensazioni di svenimento, “testa leggera” o vertigini, formicolii, mani sudate, senso di confusione e irrealtà, gola secca.
Dopo che succede?
La reazione di panico raggiunge il picco in pochi minuti e poi si attenua. Sebbene sia una reazione fisiologica e di per sé non pericolosa, i sintomi possono spaventare molto e in seguito possono emergere paure secondarie, fobie ed evitamento dei luoghi in cui sono avvenuti agli attacchi. Fanno paura i luoghi affollati o gli spazi aperti dai quali sarebbe difficile allontanarsi o chiedere aiuto, fino a tutte le situazioni sociali dove si teme di poter fare una brutta figura o dove potrebbe essere pericoloso avere un attacco. Altre paure tipiche sono di poter impazzire, perdere il controllo o avere un attacco di cuore sempre conseguenti all’imprevedibilità e alla reale sensazione di perdita di controllo durante un attacco di panico.
Perché non tutte le persone con ansia sviluppano attacchi di panico?
La presenza di situazioni molto stressanti oggettivamente o soggettivamente, come conflitti interiori dei quali manca la completa consapevolezza, caratteristiche personali di maggiore vulnerabilità allo stress, rendono più facile l’attivarsi della risposta di attacco-fuga di fronte agli eventi e situazioni. L’iperventilazione che alcune persone sperimentano in maniera intensa peggiora i sintomi e contribuisce a mantenerli.
La preoccupazione che genera gli attacchi di panico rinforza l’ansia e rende più probabile allarmarsi anche in presenza di minimi segni corporei di agitazione. Se il nostro stato di allarme aumenta si amplificano anche i sintomi corporei. Come in un circolo vizioso, si crea il circolo del panico.
Come si può intervenire?
Un buon trattamento inizia sempre con il creare maggiore consapevolezza sui sintomi e delle situazioni di vita stressanti che si stanno vivendo. È necessario aumentare la consapevolezza delle situazioni o eventi che creano anche bassi livelli di preoccupazione e poter individuare le prime manifestazioni del panico in pochi sintomi corporei. Un primo contenimento della reazione ansiosa si può ottenere con semplici tecniche di rilassamento e controllo del respiro.
Allenarsi a cogliere le prime manifestazioni della reazione di panico aiuta ad attenuarle. Respirare lentamente sarà all’inizio innaturale, e non facile, un buon esercizio è mettersi in una posizione comoda, seduti in un posto tranquillo, inizialmente trattenere il fiato per dieci secondi e poi ricominciare a respirare, inspirare in 3-4 secondi ed espirare per 3-4 secondi cercando di immaginare o dirsi mentalmente qualcosa di rilassante, dopo 10 respiri fatti così si trattiene il fiato per 10 secondi di nuovo e poi si ricomincia con il respiro lento (4 secondi inspirazione, 4 secondi espirazione), questo si può fare finché non scompare l’iperventilazione e la tensione.
La rassicurazione e la vicinanza di familiari o amici è un elemento fondamentale e una grande risorsa, se un familiare soffre di attacchi di panico è utile saper che l’unica cosa utile da fare sul momento è mettere la persona in sicurezza, farla sedere e confortarla.
Gradualmente occorrerà affrontare le situazioni che creano ansia e l’eventuale dipendenza dalla rassicurazione, per acquisire spazi di autonomia.
Il percorso di trattamento potrà essere caratterizzato da alti e bassi e gli attacchi potranno rimanifestarsi in situazioni di stress. L’ansia ha un significato personale legato alle esperienze o dei conflitti che si vivono nel presente, la reazione allo stress dipende anche dalle convinzioni che abbiamo sulla pericolosità del mondo e delle situazioni che viviamo. Possiamo riconoscere schemi di pensiero catastrofico ad esempio o la tendenza a cercare potenziali minacce da cui difendersi.
Contrariamente a quello che si può pensare l’ansia ha una grande valenza, è un campanello di allarme che utilizza il nostro corpo per segnalarci un disagio.
Un percorso di supporto psicologico e psicoterapeutico aiuta nel controllo dei sintomi, favorisce l’aumento della consapevolezza ed è un accompagnamento per affrontare situazioni di stress, cercando una strada personale da seguire alternativa a tutte quelle già provate che immancabilmente portano allo stesso risultato.
Chiedere aiuto non è mai una debolezza ma la manifestazione della volontà di migliorare la propria vita iniziando da sé stessi.
Dott.ssa Elena Pellegrini
Psicologa clinica e dello sviluppo
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