Secondo i dati forniti dalla Società Italiana di Urologia (SIU), solo il 10/20% degli uomini si sottopone ad una visita urologica di prevenzione e 9 maschi su 10 effettuano un controllo solo in caso di gravi patologie. Questi dati evidenziano che la popolazione maschile, a differenza delle donne, non ha l’abitudine di sottoporsi a visite specialistiche periodiche.
Sottoporsi a controlli urologici periodici permette la diagnosi precoce e quindi l’intervento tempestivo in caso di patologie tumorali e patologie benigne.
La scarsa attenzione alla prevenzione e l’invecchiamento della popolazione ha portato questa neoplasia ad essere tra le più comuni negli uomini europei: dai dati dell’European Association of Urology (EAU) emerge infatti che ogni anno, tale patologia venga diagnosticata a circa 450.000 uomini.
Le statistiche dalla Fondazione AIRC per la Ricerca sul Cancro, confermano che l’Italia è in linea con i dati europei: il cancro della prostata, infatti, è uno dei tumori più diffusi nella popolazione maschile e rappresenta circa il 20% di tutti i tumori diagnosticati nell’uomo: le stime, relative all’anno 2017, parlano di 34.800 nuovi casi l’anno in Italia, tuttavia se si interviene in tempo, il rischio che la malattia abbia un esito infausto diminuisce considerevolmente.
Fattori di rischio
Il principale fattore di rischio per l’insorgenza del cancro prostatico è sicuramente l’età: le possibilità di ammalarsi sono molto scarse prima dei 40 anni, ma aumentano sensibilmente dopo i 50 anni e circa due tumori su tre sono diagnosticati in persone con più di 65 anni. I ricercatori AIRC hanno dimostrato che circa il 70% degli uomini oltre gli 80 anni ha un tumore della prostata, anche se nella maggior parte dei casi la malattia non dà sintomi e viene trovata solo in caso di autopsia dopo la morte.
Solo in questa fascia d’età eseguire il PSA (Antigene Prostatico Specifico) per diagnosticare un eventuale tumore alla prostata non è utile, ma si potrebbe dire che tale indagine possa addirittura risultare quasi controproduttiva, anche per l’aspetto psicologico del paziente stesso. Anche la visita urologica non è strettamente necessaria, salvo in caso di ricorrenti infezioni urinarie o di difficoltà al flusso o di minzioni frequenti notturne.
In tutte le altre fasce d’età a partire dai 40 anni è opportuno fare un’adeguata prevenzione attraverso gli esami diagnostici appropriati per curare efficacemente e per tempo questa forma tumorale.
Oltre all’età altri fattori di rischio sono rappresentati da:
- Familiarità
- alti livelli di testosterone
- dieta ricca di grassi saturi
- obesità
- mancanza di esercizio fisico
- Mutazioni genetiche
Il ruolo della prevenzione
Cos’è il PSA?
Il PSA (Antigene Prostatico Specifico) è una proteina prodotta dalla prostata che viene dosata con un semplice esame di laboratorio non invasivo. Il suo valore può aumentare in condizioni benigne, come per esempio nella comune ipertrofia prostatica benigna (IPB) che affligge in maniera quasi costante buona parte degli uomini adulti, oppure in condizioni infettive come nella prostatite; ma un valore alterato può costituire anche un valido allarme di un tumore alla prostata.
Quest’ultimo, infatti, nelle fasi medio iniziali, al contrario della IPB o di una infezione, solitamente, non presenta sintomi urinari, come riduzione del flusso urinario, sensazione di mancato svuotamento, disuria (bruciore a urinare) o nicturia, ma nella maggior parte dei casi non dà manifestazione della sua presenza. Da ciò nasce e si sviluppa quindi l’importanza della prevenzione, in quanto in assenza di sintomi è solo attraverso di essa che si può arrivare a una diagnosi precoce.
PSA e visita urologica
La fascia d’età in cui è più opportuno eseguire l’esame del PSA è quella tra i 50 e i 75 anni, fondamentale è che comunque esso venga associato a una visita urologica comprensiva di anamnesi accurata ed esplorazione rettale attenta. Infatti, alcune varianti istologiche di questo cancro, scarsamente differenziate e tendenzialmente più aggressive, anche se statisticamente più rare, non vanno a secernere il PSA per cui, solo una visita completa urologica, che valuta tutti gli aspetti, può essere idonea a diagnosticare la presenza di una patologia oncologica.
Nel corso degli ultimi 15 anni, nonostante un forte rallentamento dovuto alla recente emergenza Covid e anche se sono ancora molteplici le reticenze degli uomini, l’idea di Prevenzione urologica ha cominciato ad essere presente nella mentalità maschile.
Uno studio promosso dall’Istituto nazionale dei tumori (INT) di Milano ha esaminato 4.635 casi di tumore alla prostata raccolti dall’Associazione italiana dei registri tumori (AIRTUM), operando un confronto diretto tra il periodo 1996-1999 e 2005-2007: prima del 2000, infatti, il tumore alla prostata risultava meno diffuso, ma i casi di decesso per questa patologia erano elevati, mentre nel periodo successivo lo scenario si è ribaltato, con un aumento delle diagnosi di malattia e una significativa riduzione della mortalità.
I risultati di questa ricerca hanno confermato la crescente centralità della diagnosi precoce: a fronte di un raddoppiamento dei casi accertati di tumore alla prostata a basso rischio, i casi più aggressivi e ad alto rischio sono diminuiti in modo esponenziale, perché presi in tempo e curati nelle fasi iniziali.
Lo confermano anche i dati relativi al numero di persone ancora vive dopo cinque anni dalla diagnosi – in media il 91%- una percentuale tra le più alte in caso di tumore, soprattutto se si tiene conto dell’avanzata età media dei pazienti e quindi delle altre possibili cause di morte.